Archeologia di una Frontiera
In tempi di crisi, chi vive ai margini è costretto a reinventare un senso del luogo: costruire un habitat, immaginare una casa e un'esistenza in condizioni di incertezza e imprevedibilità costante.
Allo stesso tempo, le persone resistono. Accettando di vivere in una frontiera mobile, sono costrette a occupare un posto permanente nella zona liminale: un luogo grigio che rimane situato tra la luce dell'integrazione e l'oscurità dell'annientamento. In tal modo, tuttavia, questi coloni impermanenti possono, in alcuni casi, gettare le basi di una nuova comunità radicata sui detriti di ciò che viene distrutto attivamente.
La seguente testimonianza coinvolge una zona liminale situata ai confini meridionali dell'Europa. Negli ultimi 30 anni, la crescente domanda di manodopera a basso costo, unita a intensi flussi umani e di capitali, ha fatto diventare il Mediterraneo centrale il nodo di un importante processo di trasformazione rurale. Questo processo comporta elementi significativi di distruzione e di dislocamento. Ma mette in luce anche alcuni cambiamenti più profondi nell'identità e nei modi di appartenere a questa vasta e mutevole frontiera.
Tra il 2015 e il 2019, MIC|C è stato in grado di tracciare le origini di un complesso sistema di insediamento rurale e di dislocamento sulle creste settentrionali del Mediterraneo. Grazie alla raccolta sistematica di testimonianze di prima mano, documenti, frammenti e reperti archeologici, MIC|C è riuscito a rintracciare gli attuali schemi di trasformazione proprio dalla prospettiva di questo margine in espansione, così come le tracce delle persone che continuano a passare attraverso di essa - con l'intenzione di stabilirsi qui, in modo permanente.
MIC|C ringrazia l'Osservatorio Migranti Basilicata e la Swiss Network for International Studies per il sostegno.